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  • Diego Gasperotti

Brexit e Protocollo sull’Irlanda del Nord, nuovo scontro tra Unione Europea e Regno Unito?

Prima della recente crisi il Governo inglese, sotto pressione a causa della situazione politica a Belfast, aveva deciso di modificare unilateralmente il Protocollo sull’Irlanda del Nord, che è parte degli accordi relativi a Brexit. L’Unione Europea, oltre a minacciare ritorsioni, aveva fatto un tentativo di mediazione. Ora, però, la proposta di legge del Governo inglese ha già passato la seconda lettura alla Camera dei Comuni.

Lunedì 27 giugno, il disegno di legge del Governo Johnson che intende modificare unilateralmente il Protocollo sull’Irlanda del Nord ha passato la seconda lettura alla Camera dei Comuni. Il Protocollo è parte degli accordi siglati da Regno Unito e Unione Europea in seguito a Brexit. Il Governo inglese vuole modificarlo unilateralmente, senza mediazioni con il partner europeo. Questo a causa di alcune tensioni interne all’Irlanda del Nord, cui Johnson intende dare riposte immediate.


L’UE ha fatto sapere di non accettare modifiche unilaterali del Protocollo, ma di essere disponibile a migliorarlo in alcune sue parti. Ha però minacciato ritorsioni, nel caso in cui il Regno Unito decidesse di procedere autonomamente. Secondo alcuni analisti questa situazione potrebbe anche degenerare in una guerra economica tra UE e UK. Al momento non è chiaro se la recente crisi del Governo inglese, con le dimissioni di Johnson da leader del Partito Conservatore (entro autunno lascerà anche il ruolo di Primo ministro), influenzerà in qualche modo la questione.


Il Protocollo sull’Irlanda del Nord si rese necessario per preservare la situazione di complesso equilibrio tra quella parte dell’isola irlandese che, indipendente, è rimasta nell’UE (la Repubblica d’Irlanda) e quella che invece, compresa nel Regno Unito, è uscita dall’Unione in seguito a Brexit. L’obiettivo era evitare una frontiera fisica che attraversasse l’isola d’Irlanda.

Si rendeva necessario, inoltre, rispettare il cosiddetto Accordo del Venerdì Santo (1998), che pose fine alle violenze a Belfast e creò un certo numero di istituzioni comuni a Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord. Il Protocollo, firmato da UE e UK nel 2019, colloca quindi l’Irlanda del Nord sia nel territorio doganale del Regno Unito sia nel mercato unico europeo.


Al momento il codice doganale dell’Unione Europea si applica a tutte le merci che entrano in Irlanda del Nord. Dunque, tutte le merci provenienti dal resto del Regno Unito sono sottoposte a una serie di verifiche e controlli, per garantire il rispetto delle misure sanitarie e fitosanitarie vigenti nell’Unione. Però, se queste merci non sono dirette in Europa, ad esse non viene applicato il dazio doganale.


È previsto inoltre un “meccanismo di consenso”. In sostanza, l’Assemblea dell’Irlanda del Nord può esprimersi circa l’applicazione di certe parti del diritto UE a Belfast (nello specifico merci e dogane, mercato unico dell’energia elettrica, IVA e aiuti di Stato). A 4 anni dall’applicazione del Protocollo l’Assemblea può decidere se prorogarlo o interromperlo. In quest’ultimo caso, l’interruzione avverrebbe al termine dei due anni successivi.


Il più grande partito unionista dell’Irlanda del Nord (DUP), si è opposto sin dall’inizio al Protocollo. Secondo gli unionisti irlandesi esso mette a rischio l’appartenenza di Belfast al Regno Unito, visto che impone una dogana fra le isole, e mette a rischio le imprese locali.


Le proteste si sono fatte più accese quest’anno. Le elezioni del Parlamento locale sono sono state vinte dai nazionalisti di Sinn Féin (che non si oppongono al Protocollo). Secondo l’Accordo del Venerdì Santo però, le prime due forze in Parlamento sono obbligate per legge a formare un governo assieme. Il partito unionista si è quindi rifiutato di dare vita all’esecutivo sino all’avvenuta modifica del Protocollo, bloccando di fatto la politica locale.

Il Governo Johnson, in seria difficoltà a causa degli scandali che hanno poi portato alla recente crisi, aveva l’esigenza di dirimere la questione quanto prima.


Il Protocollo contiene una clausola di emergenza che consente ai firmatari di adottare misure di salvaguardia, qualora dovessero patire pesanti conseguenze economiche, sociali e ambientali a causa dell’accordo. Queste misure devono però limitarsi a porre rimedio a problematiche specifiche.


Il governo inglese ha giustificato il suo operato citando proprio questa clausola, così come il principio di necessità riconosciuto dal diritto internazionale (il quale, in determinate circostanze, consente di non rispettare alcuni obblighi internazionali). Le giustificazioni giuridiche addotte dal Governo hanno però incontrato alcune opinioni contrarie.


In realtà, già a ottobre 2021 la Commissione Europea si era detta disponibile a discutere un eventuale miglioramento del Protocollo, e aveva presentato una serie di proposte.


Ma come cambierebbe il Protocollo, qualora la legge del governo Johnson dovesse essere approvata?


In sostanza, il decreto vorrebbe eliminare i controlli e la documentazione per quelle merci che, dirette in Irlanda del Nord, non sono destinate a entrare in Europa. Non ci sarebbe il rischio, secondo il Governo, che esse entrino poi nel territorio dell’Unione senza aver passato i controlli sanitari e fitosanitari al confine (mentre l’UE la pensa diversamente).

La legge intende inoltre modificare la governance del Protocollo. Ad oggi, infatti, il ruolo di supervisore dell’accordo spetta alla Corte di Giustizia dell’UE. In aggiunta a questo, prevede che in Irlanda del Nord siano applicate le regole inglesi sugli aiuti di Stato (e non quelle europee).


Infine, le imprese di Belfast potranno decidere autonomamente a quale normativa sulle merci attenersi, se a quella europea o a quella inglese.


In risposta al decreto, l’Unione Europea ha avviato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito. Già a marzo 2021 l’UE aveva preso provvedimenti contro il Governo inglese per il mancato adempimento degli oneri assunti. Nello specifico, gli europei accusavano l’esecutivo di Boris Johnson di non rispettare gli obblighi sulla documentazione necessaria per il trasporto dei prodotti agroalimentari.


L’Unione ha poi avviato altre due procedure d’infrazione contro il Governo inglese. La prima per le inadempienze di Londra circa i controlli sanitari e fitosanitari al confine. La seconda per la mancata condivisione dei dati sugli scambi commerciali dell’Irlanda del Nord, come prevederebbe il Protocollo.


Inoltre, la Commissione Europea ha nuovamente avanzato le proposte fatte a ottobre 2021. Queste mirano a snellire le procedure previste dal Protocollo, riducendo la documentazione necessaria del 50% e i controlli dell’80%. L’UE propone poi di istituire dei canali di comunicazione diretta fra la Commissione e le imprese, la società civile e le autorità nord irlandesi. Si tratterebbe di un modo per rendere l’applicazione del Protocollo più trasparente.


Se non dovesse ricevere risposta entro due mesi, la Commissione ha minacciato di portare il governo inglese davanti alla Corte di Giustizia. Al momento, però, resta da chiarire se la recente crisi del Governo Johnson avrà delle ripercussioni sull’intera vicenda.


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