Possono essere correlati cosmetici e crisi economica? In un primo momento potreste pensare di no, ma alcuni economisti ritengono possa esservi davvero un legame.
Questo particolare fenomeno è stato studiato per la prima volta negli anni Novanta. L’economista Schor notò che la maggior parte delle donne americane, durante periodi di crisi, preferiva investire denaro nell’acquisto di rossetti di brand di lusso. Di contro, le vendite di prodotti di bellezza più legati alla sfera casalinga (come detergenti per il viso e maschere) calavano drasticamente.
Anche durante l’attacco alle Torri Gemelle nel 2001 o la crisi finanziaria del 2008 le vendite di rossetti aumentarono in modo evidente. Venne quindi definito il “lipstick index”, termine coniato da Leonard Lauder (CEO dell’ azienda cosmetica “Esteè Lauder”). Questo indice testimoniava il fatto che le vendite di cosmetici sì di lusso - ma comunque abbordabili - aumentavano con l’acuirsi della recessione economica.
Sembrerebbe tutto chiaro e semplice: crisi economica equivale ad aumento di vendite di cosmetici. Ma è sempre stato così?
Fino all’avvento della pandemia da COVID-19 si sarebbe potuto rispondere positivamente a questa domanda, ma nel 2020 accadde qualcosa di imprevisto. Data l’iniziale impossibilità di uscire di casa, le vendite di cosmetici subirono un crollo importante, raggiungendo il -40% in Inghilterra. Ma anche nel momento in cui le restrizioni vennero progressivamente allentate, l’obbligo di portare le mascherine contribuì allo stallo nella vendita di prodotti di bellezza.
Ricordiamo tutti le pubblicità di brand di cosmesi visibili in televisione durante il 2020 e il 2021, incentrate sulla sponsorizzazione di prodotti per l’abbellimento dello sguardo.
L’avvento della campagna vaccinale e la fine delle restrizioni furono i primi veri momenti in cui il “lipstick effect” non si verificò. Infatti, ad un boom dell’economia seguì anche una crescita imponente delle vendite di rossetti e prodotti di lusso.
In Italia nel 2021 ci fu un rimbalzo nelle vendite di cosmetici pari all’8,8%, mentre per il 2022 ci si aspetta una crescita del 3,2%. Anche Cosmetica Italia - associazione nazionale che riunisce le più importanti imprese cosmetiche - parla esplicitamente di rimodulazione del “lipstick effect”. Una delle categorie con le migliori performance di vendite anno su anno è stata proprio quella dei prodotti per le labbra, con un +10,2% nel 2021.
Se la pandemia ha messo in crisi il lipstick index come lo si era inteso fino a quel momento, anche l’attuale periodo di iperinflazione sta portando molti consumatori a cambiare abitudini. Negli Stati Uniti le vendite di prodotti per la cura del viso sono calati del 2,1%, con il gruppo L’Oreal che più di tutti ha contribuito alla decrescita del settore.
Ha ancora senso tenere in considerazione il “lipstick index” così come era stato definito ormai più di venti anni fa da Lauder? Forse non più. Per questo motivo si tende ultimamente ad includere in questo indicatore - dall’analista Johnny Forsyth ridenominato “indulgence index” - più prodotti non strettamente collegati all’ambito della cosmesi, come alcolici e cioccolato.
Questi sono solo alcuni esempi di settori merceologici sui quali si è dimostrato che i consumatori investono anche in momenti di difficoltà. Probabilmente in futuro sarà preso in considerazione sempre più questo “indulgence index”, più adatto a descrivere i frangenti economici di un mondo che cambia sempre più velocemente.
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