Cosa è successo nelle redazioni britanniche il giorno della morte della Regina Elisabetta II
Come si affronta la perdita di una Regina? L’atto finale di un regno durato più di 70 anni.
Giovedì 8 settembre, ore 12:21.
La notizia che preannuncia la fine di un’era è arrivata su un foglietto di carta piegato, come quelli che si passano tra compagni di banco per dirsi un segreto.
A Whitehall, nel mezzo di uno forte dibattito tra il nuovo Primo Ministro Liz Truss e il leader laburista Keir Starmer sul caro energia, l’attenzione si sposta sul chiacchiericcio dietro alle loro spalle che inizia a diffondersi in sala.
Il biglietto passa di mano in mano e presto tutti capiscono cosa sta succedendo. “She’s dead right?”, ma è ancora presto per dirlo.
Tredici minuti dopo la nota è arrivato il tweet. "A seguito di un'ulteriore valutazione questa mattina, i medici della regina sono preoccupati per la salute di Sua Maestà e le hanno raccomandato di rimanere sotto controllo medico", ha scritto Buckingham Palace. "La regina rimane a suo agio e a Balmoral."
L'annuncio è un chiaro un messaggio in codice: preparatevi.
I parlamentari laburisti e liberaldemocratici smettono di rispondere ai messaggi e i corrispondenti della BBC indossano le cravatte nere, come vuole una regola formale imposta alle emittenti inglesi.
Nelle redazioni parte la corsa contro il tempo. All’improvviso ci si ritrova a preparare le prime pagine dei giornali che avrebbero annunciato la morte della Regina.
Il Times recupera i pezzi già scritti per l’occasione e si mobilita per assicurarsi che il sito web sia pronto per affrontare un momento cruciale.
Inizia così l’operazione London Bridge, nome in codice del piano per gestire i funerali della regina. Il piano risale agli anni Sessanta e prende il nome dalla frase in codice “London bridge is down” usata per comunicare al primo ministro britannico la morte del sovrano.
Il protocollo coinvolge le principali istituzioni del Paese, come i dipartimenti del governo, l’esercito, la polizia, la Chiesa d'Inghilterra e i media, a cui viene richiesta assoluta discrezione e puntualità.
Ma cosa prevede il piano London Bridge per gli organi di stampa e informazione?
Dopo le comunicazioni ufficiali, la notizia viene immediatamente trasmessa alla Press Association che ha il compito di diffonderla in tutto il mondo.
Il sito web della famiglia reale e del governo britannico si tingono di nero, in segno di lutto, così come tutte le pagine dei social media dei vari dipartimenti.
I piani editoriali di fermano e i contenuti non urgenti non devono essere pubblicati. Su Twitter, le ricondivisioni dei post sono esplicitamente vietate, a meno che non siano autorizzate dal responsabile delle comunicazioni del governo centrale.
Ogni canale della BBC deve interrompere immediatamente le trasmissioni per seguire in diretta gli ultimi aggiornamenti.
Per i conduttori è previsto un preciso dress code per l’occasione, con l’ordine di indossare un abito nero.
Le radio locali vengono avvistate da un segnale di luce blu intermittente e a quel punto la linea viene data ai notiziari. Le trasmissioni musicali sono autorizzate, a patto che si tratti di “musica non offensiva”.
Come spesso accade in queste situazioni, alcuni piccoli incidenti non sono mancati. E’ il caso della nota giornalista della Bbc Yalda Hakim, costretta a scusarsi pubblicamente scrivendo su Twitter : "Ho twittato che c'era stato un annuncio sulla morte della regina. Questo non era corretto, non c'è stato alcun annuncio, quindi ho cancellato il tweet. Mi scuso".
Le scuse fanno riferimento al suo tweet delle 15:07 dove scriveva: "BREAKING: la regina Elisabetta II è morta all'età di 96 anni." Spoilerando l'annuncio ufficiale di Buckingham Palace.
Imprevisti a parte, l’operazione London Bridge è stata pianificata nei minimi particolari da Elisabetta in persona, consapevole del potere dei media sulla vita stessa della monarchia.
Una perfetta macchina ad orologeria che rispecchia in pieno lo spirito di dedizione e disciplina che hanno segnato un regno lungo più di 70 anni.
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