top of page
  • Margherita Girardi

L’Ecuador rinnova il sì alla dollarizzazione

Aggiornamento: 10 giu 2021


Nella tarda serata di giovedì è stata approvata in Ecuador la discussa legge per la difesa della dollarizzazione. La riforma è parte di un pacchetto di misure economiche considerate conditio sine qua non per l’erogazione di un prestito da 6.5 miliardi di dollari negoziato con il Fondo Monetario Internazionale. Approvata a larga maggioranza, prevede di garantire maggiore autonomia alla Banca Centrale ecuadoriana, sottratta alle pressioni dell’esecutivo attraverso l’istituzione di due giunte, una per la politica monetaria e una per quella finanziaria. La misura è stata fortemente sostenuta dal neoeletto presidente liberal-conservatore Guillermo Lasso.



Il fine dichiarato dalla maggioranza è rafforzare il sistema della dollarizzazione e attrarre nuovi investimenti, garantendo però contestualmente maggiore trasparenza nella gestione finanziaria del Paese. L’opposizione di sinistra, costituita dal blocco correista, ha invece bocciato la proposta, considerata come un passo verso la privatizzazione della Banca Centrale.


La dollarizzazione dell’economia, cioè la sostituzione della valuta nazionale - il sucre - con il più stabile dollaro, era stata decisa come tentativo disperato per arginare una crisi economica che nel 1999 non era più controllabile. L’Ecuador si affacciava infatti alla soglia del nuovo millennio con 30 anni di inflazione crescente alle spalle: eredità della dittatura militare di Rodriguez Lara prima, e della gestione poco oculata imputabile anche ai governi successivi.


A questo quadro si aggiungeva un’altra serie di fattori, come il crollo del prezzo del petrolio nel 1997-98, guastate relazioni con il confinante Perù, un alto livello di corruzione interna, e la chiusura di quattro grandi banche del paese. Nel frattempo le condizioni socio-economiche si erano fatte disastrose: l’inflazione al 96% aveva polverizzato potere d’acquisto e risparmi, e con essi la classe media, acuendo così diseguaglianze già strutturali.


Nei primi mesi del 2000 era stata quindi decisa la dollarizzazione dal presidente dell’epoca Jamil Mahuad. La misura creò una distorsione dei prezzi interni, facendo sì che i prodotti fossero percepiti come più cari. Il malcontento portò a una sollevazione indigena e alle dimissioni del governo Mahuad, corresponsabile del crollo finanziario per la cattiva gestione del debito. Migliorarono però gli indicatori macroeconomici e di conseguenza la fiducia nel Paese. L’inflazione iniziò a calare sensibilmente e in poco tempo, andandosi ad attestare poi intorno allo zero.


Se la popolazione fu inizialmente contraria alla misura, il sentimento cambiò con gli anni: secondo un sondaggio nel 2015 l’85% degli ecuadoriani erano favorevoli al mantenimento del dollaro. La dollarizzazione costituisce un blocco alla spesa sfrenata e alla corruzione, soprattutto in paesi dove non esiste una netta separazione dei poteri e il governo può esercitare pressione sulle banche. Allo stesso modo però, l’Ecuador è così esposto alle fluttuazioni del dollaro e dell’economia statunitense, senza che abbia degli strumenti per intervenire, attuando all’occasione la propria politica monetaria.


A pesare sulla valutazione positiva della gente non è tanto un sensibile miglioramento delle condizioni economiche: ad oggi il 30% della popolazione si trova ancora in povertà, e solo il 34% riesce ad ottenere un salario adeguato. Piuttosto, gli ecuadoriani non hanno fiducia nella propria classe politica, troppi i fallimenti e gli episodi di corruzione. Rivolgono allora le proprie speranze a una valuta forte e gestita al di fuori dei confini nazionali.


Sono in pochi a sentir la mancanza del sucre e infatti la dollarizzazione, di per sé, non era in discussione nemmeno lo scorso giovedì, nonostante il dibattito fortemente polarizzato. Ci aveva timidamente provato Rafael Correa, dopo due anni di governo, a criticare la manovra - in quanto economista - ma la dollarizzazione resta un sistema estremamente popolare.


Dopotutto, la stabilità delle monete nazionali è un problema che da decenni affligge l’intera regione. L’economia dell’Ecuador non è infatti l’unica ad essere stata dollarizzata: anche El Salvador e Panama hanno adottato questo sistema, seppur per ragioni differenti. Allo stesso modo, per Argentina e Venezuela si può parlare di dollarizzazione informale o spontanea, dal momento che i due paesi mantengono la moneta nazionale, ma la valuta statunitense è considerata un più affidabile e apprezzato mezzo di pagamento.

bottom of page