Vista la distanza tra Xi Jinping e il leader russo sull’invasione dell’Ucraina è lecito escludere, per il momento, un sostegno più attivo da parte cinese. D’altronde, molti degli alleati storici di Vladimir Putin preferiscono non schierarsi apertamente al suo fianco, perlomeno in questa guerra. Qualcuno però lo ha fatto e lo sta facendo.
Mercoledì 12 ottobre, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato per condannare l’annessione, da parte della Russia, di quattro regioni ucraine. Ben 143 Stati membri su 193 hanno condiviso la condanna – tra cui la stessa Turchia di Erdogan, l’Ungheria di Orban, il Brasile. Degli altri, 35 si sono astenuti – su tutti Cina e India – e solamente 4 hanno votato contro – la Corea del Nord di Kim Jong-un, la Bielorussia di Lukašėnka, la Siria di Bashar al-Assad e il Nicaragua.
Un altro voto di condanna dell’operato della Russia in Ucraina si era tenuto all’inizio dell’invasione, e il risultato era stato analogo.
Tra il 15 e il 16 settembre, si è svolto a Samarcanda (Uzbekistan) il summit annuale della Shanghai Cooperation Organisation. I membri della SCO collaborano anzitutto sulla sicurezza – formalmente per contrastare terrorismo, separatismi ed estremismi di varia natura. Pur non essendo ufficialmente un’organizzazione militare, però, gli Stati che ne fanno parte hanno iniziato a collaborare anche militarmente.
I membri sono al momento 8: Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Russia, Tajikistan, Uzbekistan. Di tutti questi, nessuno ha votato al fianco di Mosca nelle due risoluzioni ONU riguardanti l’aggressione all’Ucraina. Si sono infatti tutti astenuti.
Nell’incontro dell’organizzazione avvenuto il mese scorso a Samarcanda, poi, è emersa una differenza di vedute proprio sulla guerra in Ucraina. Nel corso di una conferenza stampa congiunta, Putin ha ammesso che sulla questione vi sono delle piccole divergenze con Xi Jinping. La Cina, infatti, pur non condannandola, ha espresso alcune preoccupazioni in merito all’operazione. D’altronde, lo stesso Xi Jinping ha dichiarato che Pechino al momento è più che altro interessata a mantenere una “stabilità” internazionale.
Sempre a Samarcanda il Primo ministro indiano Modi ha affermato, rispondendo a Putin di fronte ai giornalisti: “Quella di oggi non è un'epoca di guerra, e questo ti ho detto anche al telefono”. Ciò nonostante, dall'inizio dell'invasione l’India ha notevolmente aumentato le importazioni di olio e fertilizzanti russi – sostenendo così l’alleato, in difficoltà economiche a causa delle sanzioni occidentali.
La Turchia di Erdogan, recentemente molto vicina alla Russia di Putin, ha votato per la condanna dell’operato di Mosca in Ucraina. Nonostante Erdogan interpreti il ruolo del mediatore – ha infatti contribuito all’accordo che ha sbloccato, perlomeno sino a novembre, l’export di grano ucraino attraverso il Mar Nero – ha ribadito in più occasioni la necessità di avviare dei negoziati tra le due parti. Anche quando era lo stesso Putin a rifiutare fermamente il dialogo, all’inizio dell’invasione.
Ad agosto, inoltre, Erdogan ha affermato che la Crimea – occupata illegalmente dai russi sin dal 2014 – deve essere restituita “ai suoi legittimi proprietari”. Il Presidente turco ha inoltre dichiarato di aver chiesto più volte a Putin di lasciare la Crimea.
Eppure, Erdogan si è recentemente avvicinato al leader russo. Le relazioni economiche tra i due Paesi si sono intensificate: si ipotizza addirittura che il gas di Mosca che non transiterà più dal Nord Europa possa essere dirottato in Turchia. Ankara, prima dell’invasione, ha inoltre acquistato il sistema missilistico difensivo russo S-400, indispettendo gli alleati della NATO.
È noto tuttavia come il rapporto tra il leader turco e quello russo sia stato a dir poco turbolento, in passato. Non a caso, in questo momento di debolezza internazionale di Putin, Erdogan – che pure, oggi, gli è vicino – si è preso qualche piccola “rivincita” simbolica, come quando lo ha fatto attendere più del dovuto prima di un loro incontro a Teheran, nel mese di luglio. Inoltre, è bene segnalarlo, i droni con i quali gli ucraini hanno distrutto i sistemi di artiglieria e numerosi mezzi corazzati russi sono turchi.
A luglio, il CEO dell’azienda che li produce - Haluk Bayraktar – ha dichiarato che non avrebbe “mai rifornito” la Russia, perché “noi supportiamo l’Ucraina, la sua sovranità e la sua resistenza per l’indipendenza”.
La Cina, dal canto suo, non ha mai condannato l’aggressione russa, anzi: in più momenti ha contribuito a diffondere la propaganda del regime di Mosca. La guerra però sta durando più del dovuto, e ha provocato la reazione degli Stati occidentali. Pechino è per di più impegnata con i suoi problemi interni, economici e di politiche sanitarie. Xi Jinping, da quanto è dato sapere, sta serrando i ranghi in vista degli ostacoli che, secondo la sua opinione, il futuro prossimo riserverà alla Cina.
È lecito ipotizzare tuttavia che Xi Jinping non ritenga conveniente un completo annichilimento della Russia. Non a caso, da una parte il leader cinese cerca di non invischiarsi nell’aggressione dell’Ucraina ma, dall’altra, è bene attento a non mostrare contrarietà nei confronti dell’alleato.
L’unico partner che ha sostenuto apertamente Putin nella sua guerra di aggressione è il Presidente della Bielorussia Aljaksandr Lukašėnka. La Bielorussia ha infatti votato contro le risoluzioni ONU di condanna dell’operato di Mosca e ha persino concesso all’esercito russo di utilizzare il proprio territorio come base da cui sferrare gli attacchi.
Più recentemente, la Russia è stata rifornita di droni militari dall’Iran – che a quanto pare ha persino inviato degli istruttori in Crimea per aiutare l’esercito russo a utilizzarli. L’Iran, d’altronde, ha deciso di unirsi alla Shangai Cooperation Organisation, in parte anche per aggirare le sanzioni occidentali.
Insomma, la guerra dichiarata dalla Russia all’Ucraina non ha, sinora, trovato un grande appoggio nemmeno tra molti dei tradizionali alleati di Mosca – con qualche eccezione. Nessuno di questi, comunque, condanna apertamente l’operazione anche se, allo stesso tempo, nessuno può definirsi soddisfatto dall’andamento dell’invasione. Difatti, qualche piccolo e forse trattenuto malumore è già trapelato.
Anche all’interno della stessa Russia ha iniziato a diffondersi un certo scetticismo nei confronti della cosiddetta “operazione speciale”. È noto d’altronde come il reclutamento “parziale” voluto da Vladimir Putin abbia incontrato non poche resistenze, e qualche difficoltà organizzativa.
Nel frattempo, concentrata sulla guerra in Ucraina, Mosca sta disperdendo molte delle sue energie. Distogliere troppo lo sguardo dalla consueta sfera d’influenza, inoltre, potrebbe indebolirla. Le operazioni militari in Ucraina stanno costando più del previsto: forse anche per questo, per il momento, molti tra i partner della Russia preferiscono non essere troppo coinvolti nell’azzardo di Putin.
コメント