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  • Emanuele Paccher

Divario digitale nella vita dei giovani universitari

Qual è la percezione del divario digitale da parte delle persone, e nel caso specifico da parte di giovani studenti universitari?

Il sondaggio effettuato mirava ad individuare quella che è la percezione del divario digitale da parte delle persone, nel caso specifico da parte di giovani studenti universitari.


Qui occorre subito fare un appunto: la ricerca sarebbe particolarmente interessante se fosse indirizzata su più target di riferimento, in modo da comparare le loro aspettative, e inoltre avrebbe una qualche utilità pratica se ci fosse un campione di riferimento di una certa dimensione, molto più grande del mio (8 intervistati). Oltretutto, il campione di riferimento in questo caso, oltre ad essere particolarmente limitato, è limitato territorialmente al solo Trentino, e in particolare a studenti delle mie zone. Pertanto, non si può estendere il risultato ad una popolazione più ampia di quella di riferimento.


Fatte queste precisazioni, dicendo inoltre che le inferenze che andrò a fare hanno una base ben poco solida, possiamo andare ad analizzare i risultati della ricerca.


Quasi tutti i soggetti alla domanda su quanti giovani utilizzano il PC almeno una volta all’anno hanno sovrastimato la percentuale effettiva (87% per i giovani tra i 15 e i 24 anni, 79% per i giovani tra i 25 e i 34 anni sono le percentuali effettive, dati ISTAT).


Si può ipotizzare, azzardando la conclusione, che i soggetti abbiano pensato all’utilizzo che loro stessi effettuano del personal computer, estendendo poi l’orizzonte ai soggetti a loro più vicini rientranti nella fascia d’età indicata. Essendo tutti studenti universitari, l’utilizzo del PC è per loro in qualche modo “obbligato”, e verosimilmente molte loro amicizie e conoscenze si riferiscono all’ambito accademico, ove l’utilizzo del PC è molto diffuso. Poi, è un dato di fatto che, in media, gli studenti universitari non versano in situazioni economiche particolarmente negative, e quindi non hanno come riferimento famiglie che per disagi economici non possono permettersi l’utilizzo del PC.


“What you see is all there is” dice Daniel Kahneman: quello che vediamo è tutto quello che abbiamo, e da ciò elaboriamo le nostre inferenze. Guardando le risposte sull’utilizzo di internet, lo scenario è del tutto simile a quello del PC: praticamente tutti i partecipanti all’esperimento hanno ipotizzato che praticamente la totalità dei giovani utilizzi internet almeno una volta all’anno, mentre il dato effettivo è un po’ inferiore (92% per i giovani tra i 15 e i 24 anni, 85% per i giovani tra i 25 e i 34 anni).


Passando ad analizzare l’utilizzo del PC da parte dei soggetti meno giovani, si può riscontrare anche qui una generale sovrastima dell’utilizzo. Tuttavia, le differenze in alcuni casi si fanno meno marcate, ma soprattutto si riscontrano notevoli differenze tra le risposte dei vari studenti universitari. Questo ci può far pensare al fatto che i soggetti abbiano pensato alla loro esperienza personale, alle persone a loro vicine.


Pertanto, le differenze nelle risposte sono dovute alla facilità e al numero di esempi di persone di quella età che sono venuti in mente ai vari soggetti partecipanti all’esperimento. Verosimilmente qui c’è meno omogeneità nelle conoscenze dei vari studenti partecipanti all’indagine, con la conseguenza che le risposte sono molto divergenti.


La situazione muta un po’, con stime sempre troppo verso l’alto, passando all’utilizzo di internet per le fasce 65-74 e oltre 75. Le conclusioni che si possono provare a trarre (con il solito ammonimento: il campione è troppo piccolo, non possono essere fatte inferenze significative) sono del tutto simili a quelle fatte per il personal computer: i soggetti hanno pensato alla loro esperienza personale, e gli sono venuti in mente abbastanza esempi di persone di quelle fasce d’età che hanno un collegamento ad internet, anche se sporadico, e di conseguenza hanno sovrastimato l’utilizzo generale di internet.


Il dato però che, a mio parere, va evidenziato è quello della disomogeneità nelle stime degli studenti. Si nota come i soggetti abbiano delle percezioni davvero differenti.


Va rilevato comunque che praticamente tutti i soggetti hanno correttamente individuato l’andamento del divario digitale: i giovani sono decisamente più propensi all’utilizzo del PC e di internet, mentre le fasce più anziane mostrano uno scarso utilizzo, con percentuali davvero importanti di persone che nemmeno utilizzano i due strumenti oggetto di esame.


Occorre evidenziare una cosa: il gap si sta, lentamente, riducendo. Se si vanno a vedere le tendenze di medio periodo si può notare come le fasce più anziane abbiano incrementato notevolmente il loro utilizzo dei nuovi media digitali. Poi, bisogna assolutamente dire che i dati effettivi si riferiscono a dati ISTAT del 2015 e del 2018. Non tengono pertanto conto dell’impatto della pandemia, la quale verosimilmente avrà fatto incrementare l’utilizzo del PC e di internet, per tutte le fasce d’età.


Proseguendo con il sondaggio, si evidenzia un’inversione di tendenza nelle risposte riguardo al tempo che, in media, ciascuno di noi trascorre su internet al giorno: il dato reale ci mostra una media di 6h e 42 minuti. I partecipanti al sondaggio hanno tutti sottostimato il dato. Le conclusioni sono difficili da trarre, ma si può ipotizzare una difficoltà nella stima dell’utilizzo generale di internet, dato che va fatta una media di utilizzo tra molte persone, di età differenti. Tutti noi non ci rendiamo conto dell’effettivo tempo che passiamo sugli strumenti digitali, e da questo deriva una generale sottostima.


Infine, è stato di molto sottostimato il numero di volte in cui prendiamo il nostro telefono in mano. Anche qui, non riusciamo a stimare correttamente il numero. Si può ipotizzare che le persone pensino alle volte in cui ricevono una notifica e decidano di accendere il telefono, oppure le volte che inviano una mail o decidono di apre un social network. Gli esempi ritornano facilmente alla mente, e si stima un numero piuttosto elevato, ma pur sempre di molto inferiore alla realtà. È, questo, un limite del nostro cervello: non è abituato alla statistica, e si avvale di euristiche per giungere a risposte complesse, le quali possono portare ad errori di stima.

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