Domenica 25 settembre gli italiani saranno chiamati a scegliere il nuovo Parlamento. La votazione sarà regolata dal cosiddetto “Rosatellum”, la legge elettorale promulgata nel 2017, e condizionata dal taglio dei parlamentari, approvato definitivamente con il referendum del 2020. Come si è arrivati sin qui e come saranno ripartiti i voti espressi dai cittadini?
Giovedì 21 luglio, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha rassegnato le dimissioni. Queste sono state accettate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha poi deciso di sciogliere le Camere – ponendo fine alla legislatura – e di indire nuove elezioni. E così, domenica 25 settembre, i cittadini italiani aventi diritto di voto saranno chiamati alle urne, per scegliere il nuovo Parlamento.
La votazione sarà regolata dalla legge elettorale vigente, ovvero la cosiddetta legge Rosato (dal nome del deputato che fece da relatore), approvata dal Parlamento nel 2017. La legge prevede un sistema misto, cioè: una parte dei seggi viene assegnata secondo i principi della proporzionalità, un’altra seguendo il criterio del “primo prende tutto”.
La legge divide il territorio italiano in 20 circoscrizioni per il Senato (cui se ne aggiunge un’altra per gli italiani all’estero) e 28 per la Camera dei Deputati (più una all’estero). Ciascuna circoscrizione prevede più collegi, sia uninominali (si elegge un solo candidato) sia plurinominali (si eleggono più candidati).
Quindi, il 37% dei seggi si assegna al candidato più votato nei corrispondenti seggi uninominali, a prescindere dalle percentuali di voto ottenute dai concorrenti (uninominale secco). Un 2% viene riservato agli eletti dagli italiani residenti all’estero, che vengono scelti attraverso un sistema proporzionale. Il restante 61% è invece ripartito - sempre proporzionalmente, e su base nazionale per la Camera e regionale per il Senato - tra le coalizioni e le liste singole che hanno superato le soglie di sbarramento previste.
Le soglie di sbarramento per accedere alla ripartizione sono queste:
3% dei voti a livello nazionale, per ciascuna lista;
20% dei voti a livello regionale, per le liste che si presentano unicamente al Senato;
20% dei voti sempre a livello regionale, o due candidati eletti nei collegi uninominali, per le liste che rappresentano minoranze linguistiche riconosciute;
10% dei voti a livello nazionale, per le coalizioni. A patto però che almeno una delle liste componenti la coalizione abbia superato una delle altre tre soglie previste.
I voti alle liste in coalizione che non raggiungono il 3% a livello nazionale, ma che superano l’1%, vengono distribuiti all’interno della coalizione. Invece, i voti di una lista che non raggiunge nemmeno l’1% a livello nazionale o il 20% su base regionale - per quanto riguarda il Senato - non vengono conteggiati in alcun modo nella ripartizione, nemmeno per le coalizioni.
Le liste sono “corte” - composte quindi, nei collegi plurinominali, da 2 a 4 candidati – e “bloccate” - non è previsto il voto di preferenza dell’elettore.
L’elezione dei candidati avviene seguendo l’ordine degli elenchi presentati dalla lista. Nella formazione di quest’ultimi è previsto l’obbligo dell’alternanza di genere: uomini e donne devono rappresentare tra il 40 e il 60% dei candidati.
La legge permette a un candidato di presentarsi in più collegi contemporaneamente: fino a un massimo di 5 plurinominali più uno tra gli uninominali.
In vista delle elezioni, e soprattutto in seguito al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari (2020), si sono rese necessarie alcune modifiche della legge. Il referendum, infatti, ha ridotto di molto il numero degli eletti in Parlamento, portandolo da 945 (630 deputati più 315 senatori elettivi) a 600 (400 deputati più 200 senatori elettivi).
Anzitutto, si è dovuto garantire per legge la validità del sistema elettorale a prescindere da eventuali variazioni nel numero dei parlamentari. Dopodiché, si sono dovuti ridisegnare i collegi elettorali. Giocoforza, essi sono ora più vasti e disomogenei che in precedenza, essendosi ridotto considerevolmente il numero degli eletti.
Si sono rese necessarie inoltre alcune modifiche ai regolamenti interni dei due rami del Parlamento. Il regolamento del Senato è stato modificato a fine luglio. La Camera, invece, non è riuscita a modificare il suo: dovranno farlo i nuovi deputati, quando potranno occupare i loro seggi con l’inizio della nuova legislatura.
Questa è inoltre la prima elezione in cui non vi sarà alcuna distinzione nell’elettorato di Camera e Senato: tutti i cittadini maggiorenni, infatti, potranno votare i candidati di entrambe le aule del Parlamento.
Con queste regole, quindi, il 25 settembre all’incirca 40 milioni di italiani avranno la possibilità di recarsi alle urne per esprimere il proprio voto.
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