In seguito all’invasione russa dell’Ucraina, i Paesi europei hanno iniziato a diminuire le importazioni di gas da Mosca e a cercare fonti alternative. Nel frattempo, la Russia ha ridotto artificialmente le forniture. Così, il prezzo del gas naturale in Europa è diventato, ad agosto, sei volte più alto rispetto al 2021. L’inverno 2022, specialmente nel caso di una completa interruzione delle esportazioni russe, potrebbe essere duro. UE e Italia si preparano ad affrontarlo.

Giovedì 25 agosto, il prezzo del gas in Europa ha superato i 300 euro per megawattora. In sostanza, rispetto al 2021 il costo del gas naturale per gli europei è aumentato di ben sei volte. Lunedì 29 agosto, poi, sul mercato tedesco il prezzo di un megawattora (l’energia consumata mediamente da duemila case in un’ora) ha raggiunto i mille euro.
Nel frattempo Gazprom, l’azienda dell’energia di Stato russa, ha annunciato che interromperà le esportazioni attraverso il gasdotto Nord Stream 1 per almeno tre giorni, a partire da mercoledì 31 agosto. Le motivazioni ufficiali parlano di interventi di manutenzione, ma molti osservatori ritengono sia un modo per rallentare ulteriormente il flusso verso l’Europa.
La volatilità del prezzo del gas pone una serie di difficoltà non trascurabili a molte aziende, e in special modo a quelle che, definite “energivore”, necessitano per le proprie attività di grandi quantità di energia. Inevitabilmente, poi, l’aumento del costo del gas è destinato a colpire anche l’uso domestico (e in parte già lo sta facendo).
Gli Stati europei, e fra questi l’Italia, stanno comunque stoccando il gas nei propri depositi nazionali, in vista dei maggiori consumi invernali. Nonostante la riduzione delle importazioni dalla Russia, che da giugno segnano un -70% rispetto al 2021, l’UE nel suo complesso è già riuscita a riempire i propri siti di stoccaggio all’80%, un obiettivo che si era prefissata di raggiungere entro ottobre.
Ciò è stato possibile grazie alla diversificazione delle forniture, cui gli europei si sono dedicati in seguito all’aggressione russa dell’Ucraina e alle prime sanzioni imposte al regime di Putin.

L’Unione Europea nel suo complesso ha una capacità di stoccaggio pari a 100 miliardi di metri cubi di gas, a fronte però di un consumo annuale che si aggira attorno ai 400. Solitamente i depositi vengono riempiti in vista della stagione invernale, che come è noto richiede un maggiore consumo energetico. Al gas raccolto nei siti di stoccaggio si aggiunge poi quello importato su base quotidiana.
L’aumento del costo del gas sul continente europeo è dovuto a numerosi fattori. Anzitutto, in Europa i prezzi hanno iniziato ad alzarsi nel periodo precedente all’aggressione dell’Ucraina. Poi, in seguito all’invasione, sono cresciuti ancora di più. In parte a causa della riduzione delle forniture russe, in parte perché gli Stati europei hanno riversato una buona fetta della loro domanda sul resto del mercato, nel tentativo di ridurre la dipendenza da Mosca.
A questi fattori si sono aggiunti il maggiore consumo di energia elettrica per l’aria condizionata registrato quest’estate (a causa delle intense ondate di caldo) e la riduzione dell’approvvigionamento energetico da fonti alternative al gas, dovuta alla siccità.
Negli ultimi mesi il Governo italiano è riuscito a trovare diverse fonti alternative al gas russo, incrementando le importazioni dall’Algeria e più in generale di GNL. Non è stato però possibile eliminare del tutto l’import da Mosca, che pure si è ridotto considerevolmente (all’incirca della metà). Secondo le previsioni del Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, l’indipendenza dal gas russo sarà raggiunta solamente con la primavera del 2024.

Se il Paese riuscirà nell’obiettivo di riempire i depositi nazionali entro la fine dell’anno (è ora all’80%), anche senza ulteriori forniture da Mosca potrebbe resistere sino a febbraio. Lo stop completo alle esportazioni russe verso l’Europa non è uno scenario così improbabile: d’altronde quest’inverno è il momento in cui Putin può esercitare la massima pressione sull’UE. Già a partire dall’inverno del 2023, infatti, quest’arma diverrà meno efficace.
In vista di un’interruzione dei flussi, gli stati membri dell’Unione Europea hanno deciso di ridurre l’utilizzo di gas naturale tra l’agosto di quest’anno e marzo 2023. Secondo il piano approvato, in caso di emergenza energetica la riduzione diverrà obbligatoria e pari al 15% in meno rispetto al consumo medio degli ultimi 5 anni di ciascun Paese. Per il momento, all’Italia è raccomandata una riduzione del 7%.
Cingolani afferma che le iniziative del Governo consentiranno di risparmiare proprio il 7% dei consumi di gas rispetto al 2021, e sino a marzo. Tra le misure previste, la riduzione di un grado della temperatura negli edifici pubblici e privati, e la limitazione dell’illuminazione pubblica.
La prossima settimana il Governo italiano è comunque chiamato a revisionare il proprio piano di emergenza nazionale per il gas. La nuova versione dovrebbe prevedere interventi più duri di quelli adottati sinora, da porre in atto nel caso di un’ulteriore riduzione delle importazioni dalla Russia, o di una loro completa interruzione.
Sempre secondo il Ministro della Transizione ecologica, infatti, l’Italia potrebbe essere costretta a ulteriori riduzioni dei consumi e razionamenti solamente nel caso di una completa interruzione dei flussi da Mosca, accompagnata da un inverno particolarmente rigido.
La Commissione europea, nel frattempo, ha annunciato la preparazione di alcuni interventi per combattere l’emergenza e riformare il mercato europeo dell’energia.
Tra le misure previste anche il cosiddetto tetto al prezzo del gas, già proposto a suo tempo dal Presidente del Consiglio italiano uscente Mario Draghi.
I partner europei dovrebbero incontrarsi per discuterne entro la prima settimana di settembre. L’inverno 2022, d’altronde, potrebbe richiedere loro una grande prova di unione e compattezza.
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