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  • Giovanni Beber

Il modello iraniano di islam politico

Alcuni eventi degli ultimi anni hanno radicalizzato l’opinione pubblica nei confronti dell’islam.

Le democrazie occidentali hanno via via preso le distanze dal mondo islamico, domandosi se fede islamica e democrazia possono coesistere.

Tuttavia, domandarsi se una religione e un assetto politico possano essere conciliabili segue una logica dettata da una visione distorta del mondo musulmano, che pone di fatto un falso problema.


Se però volessimo provare a rispondervi, esistono dei sistemi politici in cui l’islam ha provato ad avviare processi di democratizzazione nel mondo medio orientale.

La Repubblica-regime islamica nata nell’Iran post-rivoluzionario costituisce un modello di slam politico che merita di essere studiato per provare a rispondere a questa domanda.


Costituisce un compromesso tra forze politiche laiche e religiose, protagoniste della rivoluzione del 1979. Nata sotto la guida dell’ayatollah Khomeini, è composta da organi costituzionali che rappresentano l’anima repubblicana e altri che ne rappresentano l’islamicità, con uno sbilanciamento del potere a favore della componente religiosa.


La Repubblica islamica costituita nel 1979 si definisce regime ibrido, con caratteristiche di un sistema autoritario legate a quelle di un sistema democratico.

I regimi ibridi presentano la convivenza di prassi democratiche come elezioni e pluripartitismo, ma convivono con peculiarità totalitariste come la repressione delle opposizioni più o meno marcata, la limitazione delle libertà̀ politiche e da una gestione arbitraria e manipolatoria del potere.

La forma politica peculiare dell’Iran contiene due anime, quella repubblicana, comprendente presidenza della Repubblica e Parlamento e quella islamica, composta da Istituto della Guida Suprema, consiglio dei Guardiani, assemblea degli Esperti, consiglio per il Discernimento e magistratura.

Degli ultimi, è opportuno soffermarsi sul ruolo dell’Istituto della Guida Suprema (velāyat-e faqīh) e del consiglio dei Guardiani.


L’Istituto della Guida Suprema è l’organo costituzionale più importante della Repubblica islamica, introdotto nel sistema giuridico come garanzia dell’applicazione della šari’a nella Repubblica islamica dell’Iran. Tra i suoi ruoli meritano una menzione speciale la determinazione delle politiche generali dell’Iran, il comando delle forze armate e la dichiarazione dello stato di guerra. Può nominare inoltre i componenti del consiglio dei Guardiani, delle più alte cariche giudiziarie del Paese e ufficializza l’investitura del presidente sulla base dell’avvenuta elezione popolare.


Il consiglio dei Guardiani invece controlla la conformità della legislazione, sia alla šari’a sia alla costituzione. È composto da sei membri scelti dalla Guida Suprema e sei dal Parlamento, che li individua però da una lista di proposte avanzata dal capo della magistratura, nominato come sopradetto dalla Guida Suprema. Il consiglio detiene il controllo sull’esecutivo, verificando l’idoneità dei candidati alla presidenza della Repubblica e al parlamento. Si assicura inoltre che i candidati per ricoprire il ruolo di Guida Suprema siano in linea con dei parametri stabiliti dalla Costituzione.


Ci rendiamo conto a questo punto che i Presidenti della Repubblica e il Parlamento, per quanto eletti a suffragio universale diretto, dipendono direttamente dalle decisioni della Guida Suprema e del consiglio dei Guardiani.

Va sottolineato però come ci sia sempre stato spazio per la competizione elettorale, nonostante il quadro politico che ci si prospetta e il potere di Guida Suprema e i l consiglio dei Guardiani.


Il ruolo della Guida Suprema non è quello di detenere e accentrare il potere, quanto di mantenere saldo il regime. Obiettivo perseguito aprendo e chiudendo la competizione elettorale a candidati più o meno moderati, sondando le esigenze della popolazione e cercando di accontentarla, per evitare di alimentare sentimenti anti-regime. Se è vero che nel tempo si è assistito a dei cambi nelle figure che hanno calcato la scena politica, in favore di istanze provenienti dalla popolazione, lo stesso non si può affermare per l’esigenza di cambiare il sistema politico, la quale è sempre andata incontro a nette chiusure.

È stato secondo questa logica che si è arrivati all’elezione del governo Rohani, più moderato e liberalizzante del suo predecessore Ahmadinejad. A partire dal suo primo mandato nel 2013, la Repubblica islamica sembra aver trovato un candidato che garantisca stabilità interna e la scena politica si è relativamente vivacizzata.

Una diffusione più ampia delle comunicazioni attraverso media con ampio seguito ha inoltre favorito ulteriormente pluripartitismo e propaganda.


Nonostante all’apparenza islam e democrazia abbiano trovato nella Repubblica islamica d’Iran il modo di convivere pacificamente, per una reale partecipazione non è sufficiente chiamare la popolazione a votare dei candidati scelti. Si dovrebbe dare il tempo al sistema di ripensarsi, permettendo a chiunque si senta adeguato a guidare la propria nazione di presentare la propria candidatura alle elezioni.


Questo sì sarebbe il primo passo della Repubblica islamica verso la democrazia.


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