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  • Giovanni Beber

L’islam politico in Turchia e il dialogo con l’Occidente

L’islam costituisce un modello religioso e politico per molti Paesi a maggioranza musulmana.

La Turchia non fa eccezione e dagli anni Novanta ha avviato un processo di islamizzazione, iniziato con la vittoria del Refah Partisi alle elezioni legislative del 1995.

Nonostante ora l’Adalet ve Kalkinma Partisi di Erdoğan detenga la maggioranza assoluta, il processo avviatosi negli anni Novanta non è stato privo di ostacoli.

La diffusa presenza di corruzione tra gli organi amministrativi ha causato anni di forte instabilità politica, che portarono alla messa al bando del Refah Partisi e del suo rappresentante Necmettin Erbakan.


Mentre in altri Paesi islamici come l'Iran la repubblica è stata fondata su ideali religiosi che hanno fortemente influenzato il loro sistema politico fino ai giorni nostri, in Turchia i militari hanno cercato, sin dal colpo di stato del 1980, di assicurarsi che l’islam fosse estromesso dalla sfera pubblica.


All’inizio del mandato, l’abilità del partito di Erdoğan è stata quella di saper proporre un modello politico islamico con tendenze moderne, creando una commistione tra ideali islamici e attitudini occidentali.

Così, dopo aver vinto le elezioni parlamentari del 2002, l’AKP ha portato un forte cambiamento nella vita politica e culturale turca.


La capacità di Erdoğan di richiamarsi al passato ottomano - considerato scomodo dalla giunta militare - e di conciliarlo con caratteri moderni, gli ha permesso di rispondere pienamente alle esigenze del nuovo ceto imprenditoriale. Infatti quest'ultimo già guardava all’Europa e alla democrazia come un’occasione per ottenere maggiori libertà, anche in ambito religioso.

Nel processo di legittimazione del governo islamico, le vicissitudini con l’esercito sono state fondamentali nello sviluppo dell’islam politico turco.


Il tentato boicottaggio delle elezioni del 2007 con il “comunicato di mezzanotte” ha rappresentato un momento di snodo in questo processo. A ridosso delle elezioni l’esercito ha provato a delegittimare il ruolo dell’AKP in quanto partito islamico, appellandosi al suo ruolo di garante della laicità dello Stato.

Al fallimento di questo tentativo di intromissione negli affari politici ed istituzionali del Paese è seguita una decisiva svolta nelle politiche promosse dall’AKP che, a partire da quello stesso anno, hanno acquisito un carattere più islamico.


Dopo aver intrapreso una più marcata islamizzazione della linea politica, si è registrato un mutamento di prospettiva sia in politica estera che interna. Ne è conseguito un progressivo allontanamento dall’Unione Europea e Israele mentre, internamente, l’AKP operava una trasformazione della società civile turca attraverso l’introduzione di suoi rappresentanti nei vari apparati amministrativi.


Nel tempo il governo turco ha trovato il modo per rafforzare la propria posizione nelle dinamiche estere e interne. La collocazione geografica della Turchia ha rispecchiato inoltre il ruolo di collegamento tra Occidente e Oriente e con il tempo è prevalsa l’idea di una Turchia in grado di mediare tra i due mondi, Occidente e islam.

Nella Turchia odierna permangono molti limiti ad accentuare la polarizzazione interna tra laici e tradizionalisti islamici, come quello relativo al livello democratico del Paese, emerso prepotentemente in seguito al colpo di Stato del 2016.

Se all’instabilità interna si sommano i logorati rapporti internazionali con Unione Europea e Israele, risulta difficile immaginare esportabile il modello di Islam politico turco in Medio-Oriente.


Nonostante le evidenti problematiche attuali, il percorso intrapreso dall’islam politico turco nel 2002 resta quello fondato su una concezione della democrazia più occidentale che in altri Paesi islamici.

Il largo consenso popolare ottenuto a suo tempo deve essere infatti letto come la voglia di essere rappresentati da una politica in grado di risollevare un Paese e unificarlo da un punto di vista identitario.


L’Occidente, presa coscienza del potenziale e delle fragilità della Turchia, dovrebbe provare ad accantonare i propri timori ad accogliere uno stato islamico all’interno di un rapporto caratterizzato da una minore diffidenza reciproca.

In questo rinnovato clima di dialogo l’Occidente avrebbe l’occasione per cercare di interloquire con il mondo musulmano. Così la Turchia potrebbe forse riprendere la propria maturazione in chiave democratica.


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