Guardiamoci intorno: tutti sono piegati e ingobbiti su dispositivi digitali.
La mattina spegniamo la sveglia sul nostro smartphone, controlliamo WhatsApp più volte al giorno, se non abbiamo nulla da fare scrolliamo per un po’ la home di Instagram. Facciamo pagamenti sull’app della nostra banca, videochiamiamo amici dall’altra parte del mondo tramite Skype, i più giovani passano il tempo libero ad improvvisare balletti per TikTok.
Tutte cose nemmeno immaginabili solamente nell’anno 2000.
Viviamo con il telefono in mano e osserviamo il mondo attraverso gli schermi.
Eppure, per molti di noi, gli scaffali colorati di una libreria – la stessa magari che osservavano i nostri nonni mezzo secolo fa – costituiscono ancora un’intramontabile attrattiva.
Vi pongo quindi questa domanda: c’è ancora posto per la lettura nell’era digitale?
Alcune statistiche ci portano a essere pessimisti: l’Italia presenta infatti un indice di lettura di libri e altri prodotti editoriali da parte della popolazione tra i più bassi del continente.
I valori sono bloccati attorno al 40% nelle rilevazioni ISTAT annuali, e al 60-62% in quelle dell’Osservatorio AIE sulla lettura e i consumi culturali realizzate dal 2017 in poi. Siamo ultimi tra le grandi editorie europee.
L’avvento delle nuove tecnologie e dei nuovi media, la cosiddetta “rivoluzione digitale”, ha trasformato e sta trasformando in profondità le nostre abitudini.
Mentre i libri appaiono quasi passati di moda, nuovi strumenti – in particolare i social e i contenuti audio-visivi – sembrano costituire i principali mezzi di intrattenimento.
Eppure vale la pena citare una frase scritta più di mezzo secolo fa da Hermann Hesse:
“Quanto più, col passare del tempo, talune esigenze di divertimento e di istruzione di massa potranno essere soddisfatte mediante altre invenzioni, tanto più il libro riacquisterà dignità e autorità”.
Per la prima volta dall’invenzione della stampa nel 1455, con l'innovazione tecnica dell'inchiostro elettronico e la diffusione degli e-book, appare una nuova modalità per la fruizione dei testi, dimostrando che il libro è parte integrante dei mutamenti tecnologici.
C’è chi vede queste novità in maniera catastrofista: secondo lo scrittore americano Nicholas Carr, il “brusio incessante e ipnotizzante” delle nuove tecnologie, finirà per indebolire le nostre capacità cognitive e renderci in qualche modo più stupidi.
Sarà sempre più difficile leggere in “maniera profonda”, la modalità di lettura lenta, attenta e consapevole che la neuroscienziata Maryanne Wolf chiama deep reading.
Questa viene sostituita dall'abitudine a leggere in modo veloce e superficiale, per lo più scansionando le pagine cercando di catturarne il più velocemente possibile il significato. Il risultato è che la nostra mente impaziente si ritrova a essere incapace di immergersi con piacere in testi complessi.
Come sottolinea Guido Vitiello, il “bibliopatologo” della rivista Internazionale: “La più grande dote del nostro cervello, l’adattabilità, potrebbe rivelarsi una condanna, la premessa della nostra autoestinzione come lettori: per rispondere agli stimoli dell’universo digitale, infatti, stiamo alterando rapidamente processi cognitivi che si erano collaudati in secoli di consuetudine con i libri”.
Non stupisce quindi che l'indagine Produzione e lettura di libri in Italia dell’Istat evidenzi un certo calo dei lettori negli ultimi anni: se nel 2010 era stato registrato il picco massimo dei lettori (il 46,8%, in crescita rispetto al 2000, quando la percentuale era stimata al 38,6%), in seguito c'è stata una costante flessione. Nel 2015 gli individui dai 6 anni in su ad aver letto, per motivi non strettamente scolastici o professionali, almeno un libro nell’anno precedente sono stati il 40,5% del campione, lo stesso dato del 2001.
È su questo panorama di abbandono della lettura che si è abbattuta la profonda crisi dell’ultimo anno e mezzo, causata dalla pandemia di Coronavirus.
Crisi, ma anche rivoluzione: l’epidemia ha infatti innescato o accelerato cambiamenti radicali nelle abitudini e nei consumi in tutti i settori, compreso quello del libro.
Le trasformazioni del mondo della lettura sono state analizzate nella ricerca realizzata dal Centro per il libro, confluita nel volume Dall'emergenza a un piano per la ripartenza. Libro bianco sulla lettura e i consumi culturali in Italia (2020-2021).
Iniziata a maggio 2020 per concludersi a gennaio 2021, l’indagine ha analizzato i comportamenti dei lettori durante le varie fasi della pandemia.
I mesi iniziali dell’emergenza sono quelli che hanno visto il maggiore calo dei lettori. L’indagine di maggio mostrava i lettori italiani “distratti” dalla pandemia, in giornate passate a seguire le mille notizie che TV, siti Internet di informazione e social media riversavano sui cittadini.
Dopo questa iniziale contrazione, gli italiani sono però tornati a leggere con intensità anche maggiore al periodo antecedente la pandemia.
Considerando la lettura nel suo complesso, compresi e-book e audiolibri, i lettori in Italia sono cresciuti dai 26,3 milioni dell’ottobre 2019 ai 27,6 milioni dell’ottobre 2020. Un incremento si è registrato anche nel fatturato complessivo del settore, che a fine 2020 ha fatto segnare un +2,3%, con una tendenza positiva anche nelle prime settimane del 2021 (+25% per i libri a stampa).
Possiamo quindi dire che il settore del libro ha mostrato una straordinaria resilienza.
Che la pandemia abbia riattivato il virus della lettura?
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