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  • Emanuele Paccher

Referendum sulla giustizia: facciamo chiarezza

La Lega, assieme al Partito radicale, sta raccogliendo le firme per indire sei referendum abrogativi. Ma qual è il procedimento da seguire? Quali norme si vogliono abrogare?

Il 2 luglio è ufficialmente partita la campagna per la raccolta delle firme. Lega e Partito radicale vogliono portare al voto dei cittadini sei referendum abrogativi, tutti in tema di giustizia. Questa possibilità è prevista dall’articolo 75 della Costituzione, secondo il quale 500.000 cittadini o 5 Consigli regionali possono proporre l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge. Raccolte le firme, le stesse dovranno essere depositate entro il 30 settembre.


Successivamente, la Corte Costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità del referendum. Per fare un esempio, non sarebbe ammissibile un referendum abrogativo in materia tributaria, così come sarebbe inammissibile un quesito espresso in modo non chiaro, tale da indurre in errore i cittadini. Piercamillo Davigo, già Presidente della seconda Sezione Penale della Corte suprema di Cassazione, ha dichiarato che vi sono dubbi di ammissibilità sul referendum in questione, poiché potrebbe minacciare l’indipendenza della magistratura. Ma la questione è controversa, e non mancano autorevoli voci contrarie.


Se verrà superato il vaglio della Corte, ci si rivolgerà ai cittadini, di norma tra il 15 aprile e il 15 giugno. Per ottenere l’abrogazione della legge dovranno partecipare alla votazione la maggioranza degli aventi diritto al voto, e la votazione dovrà dare una maggioranza di “sì” al quesito abrogativo. Questo punto probabilmente sarà il più delicato: nelle ultime tornate referendarie (1997, 1999, 2000, 2003, 2005, 2009, 2016) ha sempre prevalso il non voto.


Come si capisce, l’iter è complesso e piuttosto lungo. Ma andiamo ora ad analizzare nel merito le proposte, soffermandoci su alcuni nodi cruciali della riforma.

Innanzitutto, si vuole introdurre la responsabilità diretta dei magistrati. Al giorno d’oggi il cittadino colpito da accuse inesistenti o che finisce in carcere da innocente non può chiedere direttamente conto al magistrato dei suoi errori. Il cittadino può presentare domanda di riparazione solamente allo Stato, in particolare rivolgendosi al Presidente del Consiglio. Lo Stato poi farà domanda di rivalsa nei confronti del colpevole. L’eccezione a tale procedura si ha nel caso di danno da reato (come nel caso di corruzione in atti giudiziari), in cui il magistrato è direttamente responsabile.


Un altro punto riguarda la separazione delle carriere di pubblico ministero e di giudice, poiché in Italia le due figure fanno parte dello stesso corpo giudiziario, e i giudici possono diventare Pm, e viceversa, più volte nel corso della loro carriera. La legge attualmente fissa un limite di quattro passaggi, con alcune restrizioni, come ad esempio l’impossibilità di cambiare ruolo all’interno dello stesso distretto.


Poi, si vuole modificare il sistema di elezione del consiglio superiore della magistratura: al momento un magistrato che voglia candidarsi deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme. Con il referendum si vorrebbe eliminare tale vincolo.


Infine, si vorrebbe dare più spazio alla componente non togata nella valutazione professionale dei magistrati, limitare la possibilità di ricorrere al carcere preventivo e abrogare la cd legge Severino, eliminando pertanto l’automatismo dell’incandidabilità alle cariche politiche in caso di condanna per specifici reati.


Vale la pena di ricordare che i quesiti referendari sono “indipendenti”, nel senso che l’insuccesso di uno dei sei referendum non preclude la possibilità che un altro giunga all’abrogazione di una norma.

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